Il passato è sempre nuovo, il futuro è sempre nostalgico
Il 23 settembre sono andato a vedere la mostra “Tokyo Revisited” di Daido Moriyama insieme alla mia amica Ilaria. Lei, da grande appassionata del Giappone, mi ha fatto da guida culturale e mi ha permesso di capire quel 1% della mostra che, altrimenti, sarebbe stato inafferrabile. Era ospitata negli spazi del MAXXI, un polo museale dall’impressionante architettura futuristica, inserito nel pieno contesto urbano del quartiere Flaminio di Roma.
A un certo punto dell’esposizione una vasta sala ci si è aperta davanti. Come avviene per la maggior parte degli allestimenti del MAXXI, le pareti erano a tratti di color bianco, a tratti lasciati al grezzo calcestruzzo faccia a vista. Su una delle pareti, dei neon di color blu componevano la scritta «Il passato è sempre nuovo, il futuro è sempre nostalgico».
Un aforisma scritto al contrario? Questo mi è sembrato inizialmente. Tutti sanno che è il passato ad essere nostalgico e il futuro è quello sempre nuovo. O meglio apparentemente è così. Giusto?
I giapponesi vedono le cose diversamente, così mi ha subito risposto la mia amica. Le ho chiesto spiegazioni e un po’ alla volta mi ha aiutato ad arrivare a una lettura di quella criptica frase.
Ho iniziato la mia linea di riflessione affermando che il passato fosse qualcosa di chiaro, già esplicato in tutte le sue sfaccettature. Il passato è comprensibile. Il passato è oggettivo. Il passato è qualcosa di immutabile.
Più però ne parlavo di questa cosa, più mi convinceva l’opposto di quello che stavo dicendo.
Se il passato invece fosse estremamente mutabile?
Sì è vero le cose passate sono successe, sono verità oggettive e immutabili. Eppure, quello su cui poniamo l’accento del nostro passato non lo è. La sottolineatura che diamo al nostro trascorso dipende dalla nostra realtà presente e al cambiare di essa, il passato anche si trasforma. Il passato è la sua interpretazione. L’interpretazione è qualcosa di mutabile, di soggettiva, di fluida. Quella che è stata la mia infanzia ha subito modifiche da quando ci ripensavo a 14 anni; poi è cambiata ancora a 18-19 anni e ora, che sono ventenne, è di nuovo diversa. Le cose che ho fatto nella mia infanzia sono sempre quelle ma quello che mi ricordo di esse, e il significato che attribuisco a quelle azioni, è variato.
Al cambiare di noi stessi quindi il nostro passato anche si modifica. Il passato è sempre nuovo.
Spostandoci ora al futuro, la linea riflessiva che ho sviluppato è stata questa. Il futuro non lo si vede mai. I pensieri che abbiamo sul futuro, ovvero i sogni che speriamo che si realizzino, potranno o no avverarsi. Tuttavia, non riusciremmo comunque a riconoscere il loro avvenimento. Questo poiché la percezione del futuro, come del passato, varia nel tempo. Quello che vogliamo oggi è diverso da quello che, una volta raggiunto o no l’obiettivo di oggi, vorremmo domani. Il futuro che pensiamo, quello che vogliamo, scappa di fronte a noi senza che riusciamo mai a raggiungerlo.
E come per il passato, ciò non dipende dal fatto che lui non si avveri, ma siamo noi che non riusciamo a riconoscerlo, ad essere soddisfatti da esso. Quando quel passato futuro si avvererà, infatti, il nostro futuro sarà già cambiato, i nostri desideri saranno già mutati.
In questo senso il futuro è sempre nostalgico. Il futuro ci manca continuamente. Ci manca quel qualcosa nella nostra vita. Continuamente sogniamo eventi e situazioni future senza però goderci a pieno il presente.